Parliamo in corsivo? #vacanzedagenitori

8 Lug, 2022News

NOVITÀ

Il linguaggio Corsivo esplode sui social ma nasce da cambiamenti più profondi

C’è chi dice che il linguaggio corsivo, o per meglio dire il parlare in corsivo, sia legato alla musica Trap, altri credono sia una grande montatura per fare marketing sui social network. Fatto sta che il corsivo è sulla bocca di tutti.

Cosa significa parlare in corsivo

Ovviamente non si tratta del carattere della lingua scritta, bensì di una sorta di lingua, più simile ad uno slang.

Questo modo di pronunciare le parole in maniera strascicata, soffermandosi su alcune vocali fino a trasformarle in dittonghi, sembra avere addirittura una sua grammatica, tanto che “corsivo” si scrive così: cörsivœ.

Dove nasce il fenomeno del “parlare in corsivo”

Sembra quasi scandinavo, invece il corsivo nasce nella Milano bene, tra le ragazze più popolari, cresciute tra shopping e aperitivi in centro. Cercavano un codice che da un lato le rappresentasse e dall’altro potesse identificare il gruppo, le mode e lo stile di un’intera generazione. Stiamo parlando di qualche anno prima del 2020, quando il corsivo lo si poteva solo selezionare sulla tastiera del pc.

Un fenomeno che, appunto, viene da lontano, come ha confermato la stessa Elisa Esposito, la tiktoker che ha contribuito più di tutti alla diffusione di questa mania. Elisa da qualche mese è chiamata la “Prof. di Corsivo”, dopo che su TikTok pubblicò un video nel quale, con la professionalità e la grazia di un’autentica interprete, traduce alcune espressioni dall’italiano al corsivo. Ad oggi quel video ha superato le 6 milioni di visualizzazioni, tanto che la “prof” ora tiene sui social vere e proprie lezioni di corsivo.

Parlare in corsivo: un fenomeno che cresce e si evolve anche se gli adulti non lo vedono

La verità è che Elisa ha avuto la grande intuizione di raccontare un mondo che cresce e si evolve anche se gli adulti non lo vedono. Un mondo che parte dal digitale e arriva a determinare comportamenti, stili e costumi nella vita, nelle amicizie e nelle relazioni dei minori, soprattutto dai 10 ai 15 anni.

Una generazione molto più distante dai propri genitori di quanto non lo siano i ragazzi nati prima del 2005. Se fino a qualche anno fa il linguaggio dei ragazzi era sincopato – dagli acronimi degli Sms per risparmiare caratteri alla “dittatura” degli emoji, le famose faccine che imperversano su whatsapp e sui social – oggi essere asciutti e sintetici non sembra più un must. Una tendenza invertita proprio dai giovanissimi, per giunta a colpi di corsivo. Perché questa cantilena, un po’ stridula e coccolosa, vocale dopo vocale, nel tempo è diventata un fenomeno culturale, per poi diventare virale sui social.

Tutto ciò suggerisce che dietro il corsivo ci sia molto di più di una semplice moda passeggera. Una tematica sulla quale si è espressa anche la Conferenza episcopale italiana. Attraverso il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, Vincenzo Corrado, la Cei ha definito il nuovo gergo meritevole di riflessioni più attente rispetto alle facili ironie, perché “le riletture sintattiche nascondono sempre processi più profondi che incidono anche sui costumi e non solo”.

Se i nostri figli cominciano a parlare “strano”, sarebbe bene cominciare a parlarci davvero, prima di non riuscire a parlare più la stessa lingua. Chissà che non possa rappresentare quella via, tanto precaria quanto preziosa, per comunicare stabilmente con i nostri ragazzi. Un risultato che val bene qualche vocale storpiata!

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