Giornata mondiale della salute mentale. App freedom: se l’ansia si cura sul web
La dipendenza dal mondo digitale è determinante per la definizione di salute mentale
L’acqua che elimina l’acqua. È possibile mutuare questo slogan pubblicitario, che parte da un principio alla base della salute fisica, anche per il benessere digitale?
La domanda appare spontanea, di fronte al proliferare di strumenti e rimedi tecnologici che promettono di ottenere, o mantenere, un sano equilibrio tra tempo passato online e quello vissuto offline. Un rapporto tanto più delicato, in relazione alla crescente dipendenza dal mondo digitale, considerata un fattore determinante per la moderna definizione di “salute”.
Proprio nella settimana della Giornata mondiale della Salute mentale, ci accorgiamo di quanto questa importante iniziativa si occupi delle abitudini, dei malesseri e delle fragilità che accompagnano tutti i giorni la nostra esperienza sul web, a partire dai ragazzi.
App Freedom: l’app che elimina le app
Come sempre la conferma arriva dal mercato, con il crescente utilizzo dei parental control e delle funzioni limitate che si possono impostare direttamente sui device o attraverso le opzioni delle varie piattaforme, in primis i social network.
All’espansione di questo mercato contribuiscono soprattutto le App, che fanno leva sulla consapevolezza, ormai diffusa e riconosciuta, dell’abuso di internet. Una dinamica che ha fatto la fortuna di applicazioni come Freedom, protagonista di un aumento del 50 per cento degli utenti in un solo anno, fino a superare la soglia attuale dei 2 milioni e mezzo di download.
Freedom consente al proprio smartphone di bloccare la fruizione di specifiche pagine web, social network, fino a determinare la completa esclusione a internet. Così come altre App, da FocusMe a Forest, si può impostare il numero di ore massimo per navigare online.
Per molti si tratta di una moda, per altri di una sorta di nonsense, dato che la grande parte delle funzioni sarebbe attivabile direttamente dal device, con l’impostazione delle notifiche, o disconnettendosi dal web mantenendo soltanto la “modalità telefono”.
Fatto sta che il marketing riesce nel miracolo di “vendere” una soluzione che appartiene alle stesse logiche del problema che la richiama.Un paradosso che gratta la pancia a tutti i consumatori, regalando una “coperta di Linus” per chi proprio non riesce a rimandare la lettura di un mail, l’ascolto di un vocale o la risposta ad un commento. Una bramosia che, specie per i più giovani, può degenerare in una condizione di dipendenza, soprattutto in assenza di una corretta presenza educativa.
La dipendenza dai social media è una patologia. E in Italia 1 ragazzo su 6 presenta disturbi legati all’ansia e alla depressione.
Circa 3 milioni di italiani soffrono di problemi di salute mentale, ma la fascia più esposta resta quella degli adolescenti: un ragazzo su 6, tra i 10 e i 19 anni presenta disturbi legati all’ansia e alla depressione.
Uno stato che molti sul web definiscono mental breakdown, ovvero una profonda crisi emotiva, non sempre razionale e dalla durata indefinita. Questa condizione accomuna sempre più studenti, anche sotti i quattordici anni. Eppure, più che di salute, nello specifico la problematica afferisce al concetto di benessere mentale. Emozioni, equilibrio, relazioni e aspettative sono diventati zaini troppo pesanti sulle spalle delle nuove generazioni.
Così la normalità diventa una chimera da inseguire anche nella dimensione digitale, alla ricerca di affermazione, conforto e identità. Milioni di ragazzi che cercano se stessi nelle chat, sui social network e nelle interminabili live su Twitch e Youtube. Come in un gigantesco studio di uno psicologo, aperto h24, dove potersi rifugiare dalla realtà, sempre più scomoda e lontana.
è crollato il tabù, tutto italiano, sulle malattie mentali e sull’esigenza di prendersi cura della propria salute mentale
Questa grande psicanalisi collettiva 2.0, che alimenta più che altro il benessere economico delle grandi aziende digitali, ha comunque un grande merito: aver fatto crollare il tabù, tutto italiano, sulle malattie mentali e sull’esigenza di prendersi cura della propria mente, a partire da quella dei nostri figli.
Come? Il dialogo in famiglia, un buon esempio da parte degli adulti e una presenza costante e discreta nella vita dei ragazzi, online come offline, sono certamente passaggi fondamentali per “connettersi” davvero con i propri figli.
Ma per questo, almeno per ora, non esiste App, sito o creator che possa competere con le parole di un genitore. Vocali permettendo, ovviamente.